giovedì 8 marzo 2012

E fra un anno?

L'idea che fra poco più di un anno avremo un nuovo governo mi terrorizza. Da una parte ci sono i soliti pirla che fanno discorsi inconcludenti e dannosi (vedi, di recente, le ultime di D'alema, di Letta e in generale i pasticci del PD) o politicanti che pensano prima di tutto ai propri interessi politici (Di Pietro..). Dall'altra invece troviamo personaggi incommentabili, con la Lega che ogni giorno spara qualche cazzata nuova e i berluscones che non perdono occasione per coprirsi e coprirci di ridicolo e di vergogna.

Giusto per deprimere ancora un po' anche voi, vi segnalo le ultime due perle in ordine di tempio. La prima è che il ministro Riccardi sia stato costretto a scusarsi (e probabilmente a subire una votazione di sfiducia) per aver detto “Alfano voleva creare il caso, vogliono solo strumentalizzare ed è la cosa che mi fa più schifo della politica”, cosa assolutamente lapalissiana e immagino ben nota anche al gregge del Pdl. La seconda perla (letta qua) è Brunetta (l'unico ministro del Berlusconi IV con una laurea su un argomento connesso all'economia) che ogni giorno pubblica sulla sua pagina di Facebook un grafico aggiornato che indica la media dello spread negli ultimi X giorni di Berlusconi e nei primi X di Monti (X=107 al momento), beandosi che, sorpresa, sorpresa, la media degli spread sotto Berlusconi è più bassa! Cosa volete che importi poi se nel periodo Berlusconi lo spread stesse salendo in modo incontrollato passando dai 300 a 520 punti (e nota che nel 2008 Prodi gliel'aveva lasciato sotto i 50), mentre nei tre mesi successivi è tornato a 300, il dato importante è che la media è più bassa nel primo caso. Certo....

C'è qualcuno che se la sente di consolarmi dicendomi che non avremo più a che fare con questi personaggi?

lunedì 5 marzo 2012

In morte di un anarchico e di un commissario

«Ma io se fossi Dio
non mi farei fregare da questo sgomento
e nei confronti dei politicanti sarei severo come all’inizio
perché a Dio i martiri
non gli hanno fatto mai cambiar giudizio.
E se al mio Dio che ancora si accalora
gli fa rabbia chi spara
gli fa anche rabbia il fatto che un politico qualunque
se gli ha sparato un brigatista
diventa l’unico statista.
Io se fossi Dio
quel Dio di cui ho bisogno come di un miraggio
c’avrei ancora il coraggio di continuare a dire
che Aldo Moro insieme a tutta la Democrazia cristiana
è il responsabile maggiore
di vent’anni di cancrena italiana.
Io se fossi Dio
un Dio incosciente, enormemente saggio
c’avrei anche il coraggio di andare dritto in galera
ma vorrei dire che Aldo Moro resta ancora
quella faccia che era.»
(Giorgio Gaber, Io se fossi Dio)

Giovedì scorso ho visto Morte accidentale di un anarchico di Dario Fo in un teatro/pub vicino a casa mia. Lo spettacolo si può interpretare come una sorta di processo immaginario al commissario e al questore, dalla cui finestra è volato un anarchico. Piano piano un pazzo improvvisatosi giudice fa venire fuori le varie incongruenze presenti nelle prime versioni della polizia spingendo a condannare moralmente la figura dei due poliziotti. Chi conosce un minimo la storia italiana degli anni di piombo avrà già capito dalla trama che il riferimento è alla morte di Giuseppe Pinelli.

Lo spettacolo non mi è particolarmente piaciuto, è sicuramente interessante e c'è qualche momento molto divertente, ma è un po' troppo pesantuccio, specie verso la fine. Detto questo, il tema in sé mi ha lasciato molto combattuto, perché lo spettacolo di fatto ignora che fine abbia poi fatto quel commissario, anche a causa del clima creatosi per la fortissima campagna di accuse a lui rivolte (clima a cui ha contribuito questa stessa commedia, visto che è stata rappresentata la prima volta appena un anno dopo la morte di Pinelli, prima dell'omicidio del commissario Calabresi).

Negli anni, gran parte dei firmatari dell'appello contro Calabresi se ne sono pentiti e la figura del commissario è stata in qualche modo santificata (anche in senso letterale, o quasi), un po' come nel caso di Aldo Moro a cui allude Gaber nella sua bellissima canzone. Questa commedia invece rimane ferma al tempo delle accuse, coerentemente, ma anche cocciutamente, perché, se è vero che l'omicidio di Calabresi non cancella le colpe della polizia (e, di Calabresi stesso, che comunque qualche colpa l'aveva), è anche vero che quella vicenda è stata la dimostrazione più chiara di quanto pericolose siano le parole e quindi, quantomeno a posteriori, credo che un po' di delicatezza a parlare dell'argomento sarebbe stata opportuna.
Insomma, al mio Dio probabilmente i martiri non gli farebbero cambiare giudizio, ma sicuramente gli farebbero pesare un po' meglio le parole.

P.S. Sull'argomento segnalo il bellissimo libro del figlio di Calabresi, Spingendo la notte più in là, e questa risposta di Dario Fo alle critiche (vagamente simili alle mia, ma decisamente sgraziate) di Pierluigi Battista.