mercoledì 1 dicembre 2010

Meno tredici

Con quella approvata oggi probabilmente si chiude l'era delle riforme targate Berlusconi. Sinceramente non ho ben capito tutti i motivi della protesta, e se studenti e ricercatori avessero voluto un supporto maggiore avrebbero dovuto spendersi molto di più per rendere chiari i punti critici, visto che spesso si sono persi in critiche generalizzate e nel continuo dire che la riforma non risolve i problemi dell'Università. Invece, alla fine ho avuto l'impressione che probabilmente gran parte degli italiani si siano bevuti davvero la sparata della Gelmini sugli studenti strumentalizzati dai baroni. E questo è tutto dire perché la cosa è completamente assurda: se proprio si vuole cercare qualcuno che può aver strumentalizzato gli studenti, questi sono i ricercatori che sono i più colpiti dalla riforma, nonché quelli che più protestano.

L'unico aspetto veramente deleterio che vedo nella riforma è il cambiamento della posizione del ricercatore, la quale diventa di durata triennale rinnovabile una sola volta. I ricercatori che al termine di questi 6 anni non diventeranno professori associati verranno tagliati e dovranno cercarsi un'altra strada (la cosa riguarda anche i ricercatori già assunti e non ancora confermati, e questo sicuramente spiega molte proteste). Di per sé, l'idea non è neanche sbagliata e d'altra parte in molti altri stati fanno un uso nettamente superiore di posizioni a tempo rispetto all'Italia. Ci sono però un paio di "problemini": questa novità sarà associata al sostanziale blocco dei turnover, che da anni è quasi una caratteristica costante delle università italiane. Il risultato quindi sembra piuttosto prevedibile: si cacceranno a 35 anni anche persone di valore, che magari non vinceranno il posto solo perché più di altri si sono dedicati all'insegnamento (o magari perché non sono raccomandati). L'altro problema sta nella grossa differenza che c'è tra l'Italia e gli stati in cui la precarietà è una norma: gli stipendi. All'estero già i PostDoc prendono molto di più dei nostri ricercatori (e spesso persino i dottorandi di altri paesi prendono di più), e c'è una bella differenza tra il trovarsi disoccupati a 35 anni dopo vari anni con ottimi stipendi e trovarvisi dopo anni con stipendi piuttosto bassi. È chiaro che con queste premesse gli studenti migliori saranno ancora più allontanati dall'idea di tentare una carriera accademica in Italia.

Ecco, questo era il punto che mi sembra fortemente contestabile, tutte le altre proteste non le ho ben capite, ed ho l'impressione che gli altri cambiamenti non incideranno granché, né in positivo né in negativo.

Indipendetemente dalla valutazioni su di essa, la riforma arriva comunque fuori tempo massimo. I buoi se ne sono già scappati da un pezzo: gran parte degli studenti migliori se ne sono già andati all'estero e molti altri li seguiranno, e la cosa è ben rappresentata dalle carriere dei galileiani scientifici: su 19 che si sono laureati finora, 3 fanno il dottorato in Italia, 14 all'estero e 2 fanno altro. È importante notare poi che la situazione non è affatto simmetrica: praticamente non ci sono studenti stranieri che vengono a fare il PhD in Italia.

Beh, chiudo qua questo post deprimente e depresso, sperando che dal 14 dicembre in poi si possa iniziare ad abbozzare un sorriso.

P.S. Terribile la foto di Bersani col sigaro, se penso che probabilmente il dettaglio era studiato mi viene proprio da piangere...
P.P.S. Ho comprato i biglietti per il mio prossimo ritorno patavino: dal 20 dicembre (pomeriggio) al 7 gennaio sarò in Italia.

3 commenti:

Giulia ha detto...

... meno 12! :P

Paolo ha detto...

"sperando che dal 14 dicembre in poi si possa iniziare ad abbozzare un sorriso."

Lo spero tanto pure io. Ma non ho molte speranze: non vedo nessuno, nel mondo politico, che dia anche solo l'impressione di voler cambiare rotta... Vedremo Sandro!

Tommaso ha detto...

Mi permetto di aggiungere un dettaglio di cui pochi hanno parlato e che c'è nel ddl: fino ad oggi metà dei posti di dottorato banditi da ogni dipartimento doveva essere coperto da borse ministeriali, da oggi questo vincolo scompare, un ottimo modo per avere mano libera nel dare meno soldi all'università pubblica, e per attirare ancora meno studenti stranieri (tanto da N a Z ci siamo passati già da un bel po' in realtà).

Intanto le università italiane devono ancora ricevere i soldi del 2010.